Ero in fasce, non posso ovviamente ricordare, ma qualche giorno fa, parlando di questa foto, mia sorella ha raccontato con minuziosa ricostruzione dell’evento, il perché questa foto rappresenta un momento -oserei dire “storico”- per la mia famiglia.
Era il 21 giugno del 1963, io avevo 20 giorni. Mia madre era intenta ai fornelli, con una pentola piena di acqua praticamente in ebollizione, su uno di quei cucinini da tavolo (questa era la nostra cucina di allora) con la bombola del gas accanto, senza il classico “stipetto” che la contenesse. Io ero in braccio a mia sorella Maria (che è stata un po’ la seconda mamma per tutti i fratelli, anche per quelli più grandi) e l’altra mia sorella, Marcella, di tre anni circa, era dietro mia mamma che cercava di attirarne l’attenzione perché aveva fame.
Un improvviso temporale, violento, con tuoni e fulmini; mia madre che si gira verso la mia piccola sorellina, un fulmine entra in casa, colpisce la parete, proprio accanto alla bombola del gas, provocando un buco nel muro, per poi andarsi a scaricare fino a qualche edificio oltre la nostra casa. L’onda d’urto che provocò fece cadere mia madre a terra con la pentola di acqua bollente che le si è rovesciata addosso, sulle gambe. Mia sorella Maria, sempre con me in braccio, impaurita e scossa per il grosso bagliore e il forte rumore che non le avevano permesso di capire cosa fosse successo, d’un tratto ha visto mia sorella Marcella che sembrava morta a terra e mia madre, completamente ustionata sul corpo, che si trascinava, lasciando le carni sul pavimento di pietra -senza mattoni-, per raggiungere mia sorella e tentare di rianimarla… Sono subito accorsi dei vicini che hanno chiamato i Vigili Urbani ed il medico (a quei tempi le ambulanze come le chiamavi?), poi sono arrivati i miei fratelli e la sera -informato e fatto ritornare di tutta fretta- mio padre che si trovava a Guardia Piemontese. E nei mesi successivi, c’è stata la presenza costante della madrina di battesimo di mio fratello Emilio, “zia Rosina“, come la conoscevano tutti, ma per noi era “nunna” (che nel nostro dialetto stava per “comare”), che ha assistito mia madre e aiutato in casa poiché lei non si poteva muovere.
Mentre mia sorella raccontava queste cose a due nostre vicine di casa che erano venute a fare visita a mia madre, eravamo nella stanza da letto di mia madre, lei seduta sul letto, circondata da cuscini ed io accanto a lei che la tenevo abbracciata e la baciavo costantemente. Mi sono sentito una morsa nello stomaco, volevo piangere, ma non tanto per il fatto terribile in sé (ormai sono passati quasi 50 anni), ma perché continuavo a pensare che di questo altro gesto eroico della mia mamma, mi ero quasi dimenticato… E quella foto che ha portato al racconto di quell’evento, è la foto di alcuni mesi dopo -quando mia madre si riprese dalle ustioni e dallo shock e mi battezzarono- e che lei mandò al Santuario della Madonna delle Grazie, a Corato (BA), per devozione e ringraziamento per aver salvato lei e mia sorella Marcella, in primis, e anche me e mia sorella Maria da morte certa. Se solo il fulmine avesse spostato la sua traiettoria di qualche centimetro e avesse colpito la bombola del gas, non sarei stato qui a raccontare questo evento…
Mi dispiace così tanto non avere più memoria del passato che abbiamo vissuto e, soprattutto, che mia mamma non sia più in grado di raccontarmi tante cose avvenute molto prima che io nascessi e che mi sono completamente sconosciute. Avrei voluto poterle trascrivere e lasciarle alle mie figlie, in memoria e ricordo di quello che sono stati i loro nonni paterni, di quante sofferenze hanno patito e di come, sempre con il sorriso sulle labbra e tanti sacrifici, sono sopravvissuti a guerra, fame, malattie, eventi e sempre ringraziando Dio per quanto metteva loro a disposizione.
Io sono orgoglioso dei miei genitori, ne vado fiero e li considero, come ho detto più volte, i miei eroi. Peccato che queste prese di coscienza arrivino sempre molto in là negli anni e, tante volte, quando non è più possibile andare dal proprio padre, come nel mio caso, ad abbracciarlo e dirgli: “Grazie, papà! Ti voglio bene!“. E’ per questo che non smetto mai di abbracciare e baciare la mia mamma, adesso che ancora il Buon Dio le sta dando la forza di restare con noi, nonostante le sue condizioni di salute.
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Il contenuto del tuo scritto mi ha commossa. Ma più commovente e’ stata la certezza di malinconia. Con i nostri cari sono volati in cielo anche pezzi di storia della nostra vita che mai nessuno dei nostri figli conoscerà. Ricordo !! proprio in questo periodo, il profumo delle caldarroste, sedute tutte e 4 le sorelle d’avanti al camino, i racconti di nonna e di papà erano le più belle favole…