“Diritti acquisiti” intoccabili: è giusto che sia sempre così?

Diritti acquisiti intoccabili

Il “diritto acquisito”, questo strano modo di chiamare un qualcosa che non si può perdere, che non può essere revocato.
Dico “strano” per la semplice ragione che mi viene difficile interpretare quale sia la logica secondo la quale possa definirsi un “diritto” qualcosa che viene spesso autodeterminata, o in base a cosa venga considerato “acquisito”. Ovviamente mi riferisco alla politica e a tutti i suoi privilegi, nonché a tutti quei casi di eccesso in cui -nella Pubblica Amministrazione- sono stati concessi stipendi da capogiro per mansioni che non vanno oltre “il proprio dovere” di dipendente e che, se anche se ne volesse misurare l’aspetto della responsabilità, per l’entità del trattamento economico non possono essere equiparate o considerate superiori alle responsabilità di un Presidente degli Stati Uniti.
In Italia c’è questa sorta di “muro” che si è creato a difesa di privilegi e abusi (perché questo sono) del denaro pubblico, che nemmeno l’emergenza che stiamo vivendo riesce a scardinare, e talvolta nemmeno le vicissitudini giudiziarie di reati palesemente accertati.
Il “diritto acquisito” di una persona dovrebbe essere tale se bagnato del proprio sudore, se intriso del proprio sangue, se marchiato indelebilmente da un comportamento cristallino di alta moralità, non soltanto perché una volta ricoperto un ruolo, tutto gli sia dovuto.
Un dipendente che si mostri infedele abusando di eccessiva libertà nei comportamenti circa gli orari di lavoro, lo svolgimento delle proprie mansioni lasciate a riposare nei cassetti della scrivania o l’abuso della propria posizione per perseguire interessi personali, non dovrebbe potersi appellare al “diritto acquisito”. Allo stesso modo, un politico sorpreso con “le mani nella marmellata” dovrebbe essere interdetto a vita dai pubblici uffici e dalla politica, e dovrebbe perdere ogni qualsiasi “diritto NON acquisito” per scorretto comportamento (quando non dovessero essere veri e propri  “reati”).
Non capisco perché non sia stato previsto un così semplice metro di misura nella valutazione delle persone e del proprio operato. Si, va bene difendere i diritti, ci mancherebbe altro, ma non quando questi diventano indifendibili. E la ricerca di clausole e clausolette per far si che una persona colpevole passi poi come una vittima, semmai, o per non fargli perdere ciò che automaticamente da “diritto” si trasforma in “privilegio”, dovrebbe essere immediatamente bloccata e censurata.
So bene che qualsiasi avvocato mi darà torto, ma mi piacerebbe che una attenta riflessione su questo aspetto del nostro sistema venisse fatta, che venissero sempre messi sui piatti della bilancia sia il “diritto acquisito” che  i comportamenti delle persone. E nessuno dovrebbe avere la facoltà di concedere impunemente privilegi a se stesso, neppure il Parlamento.