Di chi è la colpa?

Già, di chi è la colpa? Quante volte mi sono posto questa domanda e quante volte ho risposto “è mia, solo mia!”… Domanda tante volte inutile, così come inutile è sempre stata la risposta, qualunque essa sia stata.
Colpa mia”! Si, l’ho detto tante volte e con questa affermazione mi sono assunto la responsabilità morale, innanzitutto, e quella materiale pagando le conseguenze del mio errore, ogni volta, senza nessuno sconto. Ho risarcito -quando necessario-, ho chiesto scusa -quando opportuno- e ho pianto -quando inevitabile-… In ogni caso ho cercato di “pagare”, ovviando (o espiando) a quanto commesso.
La cosa trista che mi è quasi sempre capitata è stata quando alla fatidica domanda, la risposta è stata “non è colpa mia!”, perché rare volte ho sentito levarsi una voce -sommessa o robusta- che dicesse “si, sono stato io, ti chiedo scusa”… anche solo delle scuse, non dico di “risarcirmi” per il danno provocato.
Forse l’ammissione di colpa è ancora vista come una “sconfitta”, come un “piegarsi” a qualcosa o a qualcuno, e non si vuole “perdere”, costi quel che costi…
Prima mi facevano rabbia le persone che utilizzano quasi, come una premessa, la frase “io non ho sbagliato di sicuro!”, oggi -invece- le guardo con una sorta di compassione, sia perché ne percepisco la “povertà”, sia perché mi rendo conto che il loro cuore non è evidentemente pronto a sentire quanto possa far gioire il riconoscersi “umani”, “fallibili”.
Qualcuno -è ovvio- leggendo queste parole starà pensando che questa breve riflessione sia il frutto di una presunzione eccessiva da parte mia, ma non importa: sono sicuro che sarebbe il frutto di una mancata conoscenza approfondita del mio modo di essere oggi, o il semplice ritrovarsi  “da quell’altro lato”, dove la parola d’ordine è “io non sono stato sicuramente!”.
So quello che dico, e in questo pensiero aggiungo che mi capita pure di non rendermi conto, talvolta, di una mia colpa, ma che sono sempre pronto a rimettermi in discussione perché so di essere “umano”, so di essere “fallibile”.
Dove volevo andare a “parare”? E chi lo sa…? Ma cosa importa? Se qualcuno avrà avuto voglia di dedicare un minuto alla lettura, probabilmente avrà sorriso, riso o acceso un momento di riflessione: sarà stato sempre un buon motivo per avere scritto questo pensiero.

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